30/06/2006, 00.00
India
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India, suore di madre Teresa imprigionate con l\'accusa di proselitismo

di Nirmala Carvalho

Le quattro Missionarie della carità sono state aggredite e imprigionate per proselitismo e conversione. L'arcivescovo di Hyderabad ricorda ad AsiaNews la loro dedizione assoluta ai poveri e chiede un'indagine approfondita sull'accaduto.

Hyderabad (AsiaNews) – Una folla composta da fanatici indù ha aggredito in un ospedale quattro suore di madre Teresa e le ha fatte arrestare dalla polizia locale con l'accusa di proselitismo e conversione nei confronti dei moribondi.

"L'attacco – dice ad AsiaNews l'arcivescovo Oswald Gracias, presidente della Conferenza episcopale indiana - è un fatto tragico, che sconvolge la comunità indiana e deve essere condannato con forza. Il tutto è ancora più grave se si pensa che queste religiose sono conosciute in tutto il mondo per il loro altruismo e per la dedizione con cui servono i poveri".

Le quattro Missionarie della carità sono state aggredite durante la loro settimanale visita ad un ospedale della città-santuario indù di Tirupati, nello Stato meridionale dell'Andra Pradesh. Le quattro religiose, tutte intorno ai 35 anni, erano infatti all'interno dell'ospedale governativo di Ruia, dove sono solite passare del tempo con i malati terminali di Aids. Un gruppo composto da circa 50 fanatici dell'Hindu Dharma Parirakshana Samithi [Gruppo per la difesa della religione indù ndr] è entrato con la forza nell'ospedale, dove ha bloccato le quattro religiose e le ha accusate di essere lì per convertire i moribondi.

La folla è cresciuta rapidamente, fino a raggiungere i 300 elementi, costringendo le suore a rimanere chiuse dentro fino alle otto e mezza di sera. A quel punto sono arrivati gli agenti di pubblica sicurezza, che le hanno portate nella stazione di polizia locale.

"Le religiose – spiega ad AsiaNews mons. Marampudi Joji, arcivescovo metropolita di Hyderabad – hanno il permesso del governo per queste visite, che hanno compiuto ogni domenica negli ultimi 20 anni. Le suore, d'accordo con l'amministrazione ospedaliera, accolgono i moribondi nelle loro case, dove possono morire circondati di dignità ed amore".

"Appena appresa la notizia – aggiunge – ho chiamato immediatamente il Chief Minister Y.S. Rajasekhara Reddy ed il direttore generale della polizia S. Sen, entrambi cristiani, e sono corso nella prigione, da dove siamo riuscite a farle scarcerare alle dieci e mezzo di sera".

"Le suore – racconta mons. Joji - erano terrorizzate, tremavano per l'atmosfera di intimidazione che c'era in quella stazione. Gli agenti hanno ignorato anche l'ordine della Corte suprema, che impone loro di non costringere alla custodia cautelare fra il tramonto e l'alba".

L'arcivescovo ha guidato questa mattina una delegazione composta dalle religiose, accompagnate da una delegata della Casa madre di Kolkata, davanti al capo della polizia, a cui ha mostrato i documenti che permettono le visite ai moribondi. Nonostante tutte le assicurazioni ricevute, mons. Joji racconta però di una manifestazione organizzata da aderenti all'ideologia hindutva per le strade della città che chiedeva l'arresto delle religiose per "propagazione della fede e conversione".

"In Andra Pradesh – sottolinea – non è in vigore alcuna legge contro la conversione e l'art. 25 della Costituzione indiana garantisce la libertà religiosa. Come cristiani perdoniamo gli aggressori, ma come arcivescovo metropolita ho il dovere di proteggere la fede e chi ne è testimone. Per questo ho chiesto al Chief Minister di investigare su questa barbarie ed arrestare chi l'ha commessa".

"Le accuse di conversione – riprende mons. Gracias – sono totalmente infondate ed ingiuste. Questo atto dimostra non solo la bigotteria di chi l'ha compiuto, ma anche l'ignoranza nei riguardi dei bisogni delle persone povere". "Voglio sottolineare con enfasi - conclude il presule – che nessuna congregazione religiosa indulge in conversioni e le suore di madre Teresa, ancora di più, sono note per la loro attività esclusivamente sociale. Non vi alcuna possibilità di fraintendimento su questo punto".

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